LAMEZIA TERME (Catanzaro) – «Ieri, durante la presentazione del candidato dei renziani alla segreteria regionale del Pd, il collega Ricchio ha incrociato Sandro Principe nella hall dell’albergo lametino dove si stava celebrando l’appuntamento. Il capogruppo del Pd in consiglio regionale, al cenno di saluto del cronista politico, ha risposto sputando nella sua direzione».
Il Comitato di redazione del “Corriere della Calabria”, nel riferire la notizia, esprime «la più ferma condanna per quanto accaduto al collega Antonio Ricchio e stigmatizza un atteggiamento che squalifica un intero partito che attualmente rappresenta la maggiore formazione presente in consiglio regionale».
«Un gesto vergognoso – sottolinea il Cdr del Corriere della Calabria – che, a prescindere da qualsiasi motivo specifico – la probabile reazione a un pezzo a lui poco “gradito” firmato dal collega –, non tiene conto né del diritto di cronaca universalmente riconosciuto ai giornalisti, né soprattutto è consono al ruolo istituzionale che Principe riveste. Diviene piuttosto il segnale pericoloso dell’arroganza e del disprezzo del nostro ruolo, a cui questa classe politica ci ha da tempo abituato».
Sandro Principe, 64 anni, avvocato esperto di diritto amministrativo, prima di essere nominato capogruppo del Pd in Consiglio regionale, è stato deputato del Partito Socialista Italiano e sottosegretario al Ministero del Lavoro nel Governo Amato I e nel Governo Ciampi, oltre che sindaco del suo comune, Rende.
Figlio di Francesco Principe, leader socialista calabrese e presidente della Giunta regionale, non è un pivello, grezzo e maleducato, catapultato in politica da chissà chi per curare gli interessi di chissà che cosa. Il rispetto delle regole, della libertà di stampa e di critica dovrebbe, insomma, conoscerli bene, non fosse altro per la sua professione. Dunque, cosa può spingere un politico della caratura di Sandro Principe a scadere nella più squallida e volgare caduta di stile?
La risposta, in questo caso, non spetta certo al capogruppo del Pd, che il gesto l’ha fatto e – da avvocato – sa bene che dovrà risponderne in tutte le sedi. Quelle che il collega Antonio Ricchio, cui va tutta la solidarietà del sindacato dei giornalisti, riterrà più opportune. Certo se Principe chiedesse pubblicamente scusa al giornalista, potrebbe quantomeno suscitare un’umana comprensione.
La risposta spetta, invece, al suo partito, il Pd, che, paradossalmente, in uno sputo si gioca tutta la sua credibilità.
Antonio Ricchio, da buon giornalista, ha fatto semplicemente il suo lavoro. Mestiere, quello del giornalista, che, di questi tempi, e soprattutto in Calabria, non frutta né economicamente, nè in termini di notorietà, anzi spesso espone a querele temerarie sporte solo nel tentativo di intimidire o imbavagliare la stampa libera.
Spetta, a questo punto, al Partito democratico decidere se, nel Consiglio regionale della Calabria, si senta rappresentato da un capogruppo che alla civile convivenza, al dialogo, alla tolleranza, al rispetto delle opinioni e, soprattutto, della persona altrui, risponde con la più ripugnante delle “armi”: lo sputo che, si sa, è molto facile – se rilasciato controvento – possa finire per tornare al mittente.
Carlo Parisi
Che tristezza, caro Carlo Parisi! In decenni di attività, ai massimi livelli della Dc prima e del Ppi dopo, dove chi scrive ha diretto la segreteria particolare di Franco Marini, ed allevato tanti giovani virgulti (da Letta a Franceschini) vedendone di tutti i colori, ma sempre in un contesto di stile e rispetto reciproco, oggi siamo agli sputi.
Non esprimerò giudizi, credo che il vero problema consista nell’aver voluto amalgamare (ricordate D’Alema) storie politiche ed umane abissalmente diverse in quell’ibrido Pd al quale non ho mai aderito, un miscuglio mal riuscito!
Pingback:Pippo Civati
Caro Carlo ho parlato proprio ieri con Antonio Ricchio – manifestandogli la mia stima ed un certo sbigottimento – che mi ha confermato l’episodio.
Non riesco a trovare la parola giusta per definirlo, ma la sorpresa è davvero tanta. O mora, o tempora!!
Ha proprio ragione Alberto De Stefano.